L’essere e l’operare di DB fin dai primordi manifestano caratteristiche assistenziali, sociali e pedagogiche. Per DB il presupposto per un discorso educativo vero e proprio è la sollecitudine per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali dei giovani: vitto, vestito, alloggio, sicurezza, lavoro, sviluppo fisico e psichico, inserimento sociale, un minimo di valori ecc. Viene poi - ma i due momenti non sono cronologicamente separabili - l’educazione vera e propria del giovane volta alla promozione ed all’espansione della dimensione cognitiva, affettiva ed etica: competenza decisionale, capacità di responsabilità morale e civile, indispensabile cultura di base e professionale, cosciente e coerente impegno religioso ecc.
Dunque il SP si modula in due distinte operazioni: un’assistenza che provvede ai bisogni umani primari nel tentativo di prevenire i possibili pericoli di disagio e ogni forma di marginalità umana culturale e sociale; e una prevenzione propriamente educativa (o anche rieducativa) per una maturazione sociale, morale e religiosa del giovane.
Tale discorso sembra oggi ancora attuale, considerando come, a seguito dalle profonde trasformazioni avvenute nella società, sia in atto un deciso recupero delle valenze assistenziali e sociali del SP, come anche di quelle valoriali proprie della sfera affettiva, emotiva, naturale e soprannaturale.
Oggi l’impegno educativo si estende sempre di più e i compiti dell’educatore sono sempre più difficili da eseguire e verificare. Se un tempo vi erano quasi solo il cortile, la chiesa, il laboratorio, la scuola, oggi siamo in presenza di diversi tipi di scuole, di istituti educativi e terapeutici, di comunità di accoglienza per ragazzi e giovani in difficoltà, di centri di prevenzione contro la tossicodipendenza, di consultori, di interventi umanitari per i giovani che vivono per la strada, di campi profughi con gran numero di ragazzi e giovani, di centri di accoglienza per immigrati… E tutto ciò all’interno di una società complessa e cosmopolita.
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